esposizione dal 5 al 27 settembre 2015 | inaugurazione: sabato 5 settembre 2015 hh 17.00 | sala mostre e conferenze
UNA LUCE PER GLI ULTIMI :: Matteo Biatta
Sala mostre
Nel prelevare una porzione di quell’universo diegetico che è davanti all’obiettivo1, si compie, anche, un’operazione di esclusione di tutto il resto. L’atto del fotografare rende tangibile il sentito dell’autore nel percepire il valore di quanto ritiene degno di attenzione. Una volizione che impone un metro di misura, ma che non può assurgere a paradigma universale.
Non si può per altro non prendere in esame anche il ruolo del ricevente sul quale le immagini insistono, in funzione delle predisposizioni naturali che, in assenza di una griglia di analisi strutturata, saranno condizionate dalle esperienze, dai gusti e dalla cultura personale. Quando si prescinde dall’ipotesi di trovarsi di fronte a uno studioso, ovvero nella assoluta maggioranza dei casi, è assai probabile che «I nostri occhi tendano a rispondere all’immagine fotografica come se fosse un documento di fatto»2. Questo sottolinea l’esistenza di un duplice livello di responsabilità implicito in ogni immagine rispetto al referente. L’autore si pone come mediatore rispetto allo spettatore, ma questi a sua volta, assumendosi il ruolo di ricevente del messaggio contenuto nel testo-immagine, deve applicarsi in tale direzione. Raccontare realtà lontane, come quelle degli ospedali africani vuol dire mettere in discussione di tutto, dalla concezione dei rapporti parentali alla relazione
con la morte e la malattia. Perfino alcune certezze sulle terapie. Come può essere altrimenti comprensibile l’affermazione che «va tutto bene» pronunciata da un giovane in attesa di subire l’amputazione di un arto? Che senso avrebbero corsie e cortili trasformati in accampamenti improvvisati per i familiari che così mantengono saldi quei rapporti sociali che malattia e morte non intaccano? Da spettatori dobbiamo porci delle domande sul senso ma anche sul medium stesso, liberandoci delle valenze di legittimazione implicite nelle conoscenze tecniche necessarie alla produzione stessa dell’immagine fotografica3 per aprirci, finalmente, a usi più compiuti dell’immagine. (Sandro Iovine)
Matteo Biatta nasce a Brescia nel 1979 e si avvicina alla fotografia nel 2001. Nel 2005 inizia la carriera dopo aver frequentato il master in fotografia di reportage presso l’Accademia John Kaverdash sotto la guida del Dott. Sandro Iovine. Collabora fin da subito con quotidiani e periodici locali. Dal 2005 è fotografo dell’Agenzia Sintesi con la quale ha pubblicato immagini sulle maggiori testate italiane tra cui L’Espresso, Panorama, La Repubblica, Il Corriere della Sera ed il Venerdì di Repubblica. Le sue foto sono state distribuite anche dall’agenzia di stampa nazionale francese “Sipa Press”.
Tra il 2008 e il 2009 collabora con l’Agenzia Grazia Neri. Nell’aprile del 2009 realizza un reportage a L’Aquila nei giorni immediatamente
successivi al terremoto; con le immagini realizzate verrà allestita una mostra per la Protezione Civile con la quale si raccoglieranno fondi da destinare alla popolazione colpita dal sisma. Dal 2010 al 2013 è fotografo ufficiale della “Fiera di Brescia”. Nel marzo del 2014 realizza un reportage ad Afagnan e Tanguiéta all’interno degli ospedali del Fatebenefratelli. Nel gennaio del 2015 entra a far parte del primo
collettivo di fotografi italiani “BuenaVista Photo”.
Nel marzo del 2015 realizza un reportage a Gradačac in Bosnia Erzegovina, per documentare la situazione a vent’anni dalla fine della guerra.
esposizione dal 5 al 27 settembre 2015. Orari di apertura: martedì-mercoledì-giovedì 9-12 Sabato e domenica: 16-19
Ingresso libero e gratuito