esposizione dal 1 al 31 ottobre 2016 | inaugurazione: sabato 1 ottobre 2016 hh 17.00 | sala mostre
La mostra presentata a Brescia presso il Museo Nazionale della Fotografia è una selezione dell'ampia produzione di Samuele Galeotti, fotografo di origine marchigiana e veneziano di adozione, che fin da ragazzo ha impugnato l'apparecchio fotografico per raccontare la sua terra e la sua gente.
La mostra è un omaggio a tutti i volti incontrati nel corso dei decenni: dai volti rubati per le strade ai noti personaggi del mondo della cultura e dell'arte.
Quest'ultimo è un lavoro dalle radice profonde: affiorano nelle sue fotografie gli echi delle immagini di Cartier Bresson realizzate nel secondo dopoguerra per l'editore Braun o lo straordinario affresco che il fotografo ungherese Brassai ci da dell'arte contemporanea nel suo volume Gi artisti della mia vita. Ma basta restare tra le mura della nostra città per trovare un fotografo, Vincenzo Cottinelli che ha raccontato con i suoi intensi ritratti le personalità della cultura del 1900, da Tiziano Terzani a Dario Fo, solo per citarne alcuni.
Questi ritratti hanno una doppia forza: da un lato si percepisce lo scambio tra soggetto e fotografo, Galeotti infatti conosce chi sta fotografando, come Cartier Bresson leggeva le opere degli scrittori che sarebbe andato a fotografare, e dall'altra emerge l'aurea del personaggio, come se tutti questi uomini rappresentassero un valore e un modello a cui fare riferimento in una società sempre più stereotipa. Lo pensava anche Brassai quando fotografava o parlava con Braque, Matisse o Picasso; sapeva che dopo i drammi della guerra questi volti avrebbero rappresentato una speranza, avrebbero dimostrato come la distruzione e il dolore non fossero riusciti ad eliminare l'arte e la cultura.
Ma non solo volti famosi, la mostra ci racconta i visi di sconosciuti, che quotidianamente incontriamo per le strade e che l'occhio vigile e lo scatto veloce di Galeotti hanno saputo rendere unici e immortali.
La forza sta nella fugacità di un attimo, di uno scambio intimo e anonimo o nella ricostruzione di un quadro come accade nella fotografia dei tre.... Non c'è finzione, i tre uomini erano lì, in quel luogo e in quel tempo. Ma sono fuori dal tempo. Nulla ci vieta di pensare ad Un paese di Paul Strand e Cesare Zavattini.
Eugene Smith diceva che il fotografo deve essere onesto, ma non può essere mai obiettivo. Ed è nella documentazione umanistica che ritroviamo questo motto, nei volti incontrati per caso per le strade, volti veri, sinceri, colti di sorpresa o ritratti con la consapevolezza di uno sguardo indagatore, che vuole ritrovare nelle rughe, nelle mani, negli sguardi, nei gesti, la vita nella sua pienezza, nella sua esplosione positiva anche nella fatica e nelle piccole cose.
Un altro aspetto merita particolare attenzione nella ricerca di Galeotti ed è senza dubbio il lavoro di camera oscura che porta alla creazione di un'opera totale nata in tutte le sue fasi dalle mani e dalla mente del fotografo.
Basta entrare nella piccola stanza adibita a camera oscura ed archivio di Noale, dove il fotografo ha sistemato in maniera precisa ed ordinata i propri strumenti di lavoro, per capire come la fase di stampa sia fondamentale nel processo creativo.
Una stampa in bianco e nero è rigorosa, mette in rilievo la grana della pellicola, i forti contrasti, in questa stanza si sperimentano tecniche che oggi sono dei clic di mouse, come le solarizzazioni alla Man Ray, le mascherature e le bruciature.
Un fotografo a tutto tondo che cura ogni fase, dal pensiero, all'inquadratura, all'individuazione del momento in cui la forma diventa contenuto, alla fase altrettanto creativa della stampa alla luce rossa.
Luisa Bondoni
esposizione dal 1 al 31 ottobre 2016
Orari di apertura: martedì-mercoledì-giovedì 9-12
Sabato e domenica: 16-19
Ingresso libero e gratuito